Florencia Vivas

Florencia Vivas
Deberàs creer en la primavera / 2007
installazione

Florencia Vivas
Senza titolo / 2010
carta ritagliata a mano

Florencia Vivas
Senza titolo / 2010
carta ritagliata a mano

Florencia Vivas
Senza titolo / 2010
carta ritagliata a mano

Florencia Vivas
Senza titolo / 2010
carta ritagliata a mano

Florencia Vivas
Senza titolo / 2010
carta ritagliata a mano

florencia vivas
Senza titolo / 2010
carta ritagliata a mano

foto cv

 

Florencia Vivas è nata nel 1975 a Tucumán, in Argentina.
Ha studiato sei anni alla Scuola di Belle Arti della Università Nazionale di Tucumán. Successivamente frequenta per quattro anni la Scuola Nazionale di Belle Arti di Buenos Aires.
Tra le mostre più rappresentative, nel 2010 Op. cit., Museo de la Universidad Nacional de Tucumán e 20 creativos / 200 años, Teatro Alberdi, Tucumán. Nel 2009 Proyecto circular, Palais de Glace, Buenos Aires. Nel 2008 Tesi di bachelor, m.a.x. Museo, Chiasso e The design role in new generation world, Politecnico di Milano. Nel 2007 Deberás creer en la primavera, Galleria Doppia V, Lugano. Nel 2006 collettiva al MAC di Salta e nel 2005 al Fine Art Museum, Tbilisi, Repubblica di Georgia.

DEBERÀS CREER EN LA PRIMAVERA

di Diego Garcìa Scaro

 

Florencia Vivas in "deberàs creer en la primavera" riprende tematiche che sono consuete nelle sue opere, ma contraddistinte dall'utilizzo di due tecniche ben diverse.

La prima, composta da una serie di disegni su tela che sorprende per la tecnica impiegata. Infatti, parrebbe rispettare la logica del materiale quando Vivas sceglie di "disegnare" frammenti di scene quotidiane della sua vita, con una macchina da cucire. L'artista sembra dirci che non sono né la matita né la pittura le tecniche più adatte sulla tela, ma bensì ago e filo. Così, i tessuti vengono segnati da cuciture che per la natura stessa del procedimento, rivelano non solo le linee che tracciano il disegno ma anche le linee secondarie che uniscono i vari soggetti e che solitamente non sopravvivono al processo artistico. Come dire che le linee secondarie al contornare l'oggetto, scoprano qualcosa della sua manifattura.

La seconda tecnica è contraddistinta da sculture che ricreano delle scene minimali, quasi mute, che tuttavia risuonano piene di significati. La Vivas sceglie abilmente materiali che potenziano fortemente la capacità di queste scene d'interrogarci e di aprire le possibilità interpretative. Ad esempio, due donne sembrano parlare amichevolmente una di fianco all'altra. Questo episodio è rappresentato da bamboline di plastica, giocattoli per bambini, che abitano una superficie di cemento. Il contrasto tra i due materiali, plastica e cemento, esalta il potere di rappresentazione delle figure, e l'artista utilizza la malleabilità temporanea del cemento (che si comporta come argilla fino a solidificarsi) e la rigidità espressiva delle bambole. Il dialogo sceneggiato viene ad essere indagato dall'interno stesso della sua rappresentazione facendo oscillare il suo significato. Altre scene di vocabolario più surrealista - una donna offre una testa ad un'altra, o una mano sorge da terra davanti ad una donna - continuano questa strategia popolando la sala con piccoli, e non per questo meno potenti, punti di tensione.

Florencia Vivas, in tutta la sua opera, mette in scena un gioco sottile, senza sosta: utilizzando le armi tradizionalmente associate alla femminilità (cucitura, tessuti, bambole), rivela uno spazio insolito nella quotidianità della vita familiare; ma lo fa delicatamente e con prudenza, e per questo in modo più efficace.

Diego Garcìa Scaro